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Roberto Bianchi


Per una volta, anziché utilizzare lo spazio dell’Editoriale per esprimere il mio pensiero, ho inteso riportare il contenuto di un colloquio intrattenuto con il collega Giovanni Ferraro, Presidente della sezione Provinciale di Pisa, il quale durante il Congresso Sna di Caserta ha dimostrato grande onestà intellettuale nel formulare il proprio punto di vista, pur non essendo una voce tradizionalmente allineata con l’attuale governo del Sindacato. Ho fatto questa scelta perché confido che lo scambio dialettico delle posizioni sia funzionale alla causa comune e possa contribuire alla più efficace calibratura dell’attività sindacale nel tempo.
In apertura del suo intervento tenuto in occasione dell’assise casertana, Giovanni, rileggendo una parte della Relazione morale del Presidente Demozzi, si è detto convinto che sia corretto assumersi sempre “la responsabilità̀ delle proprie scelte e azioni, anche quando comportano la necessità di esporsi personalmente - e questo, ha aggiunto - è un concetto che esprime trasparenza e coraggio”, significa non nascondersi dietro chat private e sigle di comodo.
Nel corso della chiacchierata gli ho chiesto di chiarire un aspetto che riveste a mio avviso grande importanza soprattutto se contestualizzato nel dibattito sindacale e cioè̀ cosa intenda per esporsi responsabilmente: “Innanzitutto Roberto, ti ringrazio per l’opportunità̀ di approfondire le parole del mio intervento. Ritengo che chi ricopre ruoli di rappresentanza, sia in un contesto politico che sindacale, debba adottare un atteggiamento professionale e non comportarsi come un ultrà di una fazione. Siamo professionisti, non tifosi in uno stadio. Se non si riesce a mantenere un certo equilibrio, è meglio rinunciare a incarichi istituzionali. Essere Presidente provinciale, per me, significa assumersi la responsabilità̀ di rappresentare la nostra categoria di agenti di assicurazione in ogni occasione pubblica, sia fisicamente che sui social. Il ruolo di Presidente provinciale deve non solo essere coerente con la figura professionale che si intende trasmettere, ma anche costituire un punto di riferimento sociale e un modello per i giovani colleghi”.
Nella Relazione di Demozzi si legge che la politica dei veleni è una nota distintiva del passato sindacale imperniata sulla personalizzazione dello scontro e sullo spostamento della critica fuori dalle sedi istituzionali, rispetto alla quale vuole tenersi lontano. Al proposito Giovanni ha espresso un concetto che mi preme di sottolineare: “Come possiamo pensare che una politica dei veleni possa porre fine a un conflitto? Guardiamo al contesto globale: in Ucraina, in Israele, vediamo chiaramente che l’odio non è e non sarà̀ mai la chiave per risolvere i problemi. Dobbiamo sempre tenere presente che l’unico avversario da affrontare sono le nostre mandanti.
Perché, dunque, avviare una nuova stagione dei veleni, sapendo che si tradurrà̀ in un enorme spreco di energie e risorse? A volte, fare un passo indietro – meglio se da entrambe le parti – può̀ riportare il confronto a un punto da cui ripartire per trovare una nuova conciliazione. Ho voluto fare io il primo passo. Non sono uno stratega, ma una persona che mette il cuore (oltre alla faccia e al cappello) in tutto ciò̀ che fa. Non dobbiamo mai perdere di vista il nostro ruolo: sostenere la categoria e affrontare insieme sfide ben più̀ grandi, come la sopravvivenza e la redditività̀ delle nostre agenzie”.
Riferendosi a un convegno svoltosi di recente cui ha partecipato come uditore, nel quale erano stati coinvolti in qualità di relatori soggetti estranei al Sindacato o addirittura espulsi da esso ed era presente un personaggio noto per la sua attitudine all’insinuazione gratuita, Giovanni ha inoltre chiarito in Congresso che sente l’esigenza di “fare un passo indietro” rispetto al proprio ruolo in seno all’associazione organizzatrice dell’evento, poiché́ tiene particolarmente “al proprio ruolo di Presidente della Provinciale” di Pisa: “La decisione di lasciare il mio ruolo nell’associazione ‘Cambiare si può’ è stata sofferta e maturata dopo un confronto con colleghi che stimo profondamente. Uno dei fattori determinanti è stato il desiderio di lanciare un messaggio: possiamo portare un pensiero alternativo all’interno del Sindacato senza fomentare fazioni o conflitti.
Considero lo Sna come casa mia, e in casa si deve essere liberi di esprimere le proprie opinioni, anche quando contrastano. Il confronto costruttivo è un’opportunità di crescita, purché l’obiettivo comune resti quello di trovare soluzioni condivise. Questa immagine di unità e di famiglia è ciò che sto coltivando all’interno della Provinciale di Pisa, ed è una sensazione che percepisco anche tra i colleghi di tutta la Toscana. Mi auguro che diventi la vera forza dell’associazione, soprattutto nei momenti cruciali come Congressi o Comitati Centrali - ha precisato Giovanni durante la telefonata - come detto a Caserta, il mio passo indietro è un atto di rispetto verso il ruolo che ricopro. Questo, però, non significa che smetterò di avanzare critiche - sempre con lo spirito costruttivo che storicamente ha caratterizzato la mia Provinciale - o di proporre idee che diano nuova energia alla nostra categoria e al nostro Sindacato. Spero che ogni critica costruttiva venga accolta con serietà e non respinta a priori. Ribadisco che, se entrambe le parti coinvolte nel dialogo condividono il bene della categoria, possiamo trasformare il confronto in un’occasione di crescita, evitando quelle contrapposizioni distruttive a cui eravamo abituati durante alcune assise statutarie”.
Semplici testimonianze di principio, del tutto condivisibili peraltro, che vanno però convalidate da comportamenti congruenti? Molto di più a mio avviso. Si tratta di una sterzata significativa nell’interpretazione del ruolo svolto dagli iscritti che hanno una qualsiasi funzione statutaria, anche se non uniformati alla strategia politica maggioritaria, di accettare le regole democratiche e di riservare il confronto sindacale alle sedi istituzionali. Prendere le distanze dai leoni della tastiera che utilizzano il metodo del dire e non dire, del discredito sussurrato maliziosamente alla pancia dei lettori ansiosi di trovare conferma al proprio indicibile convincimento che “tanto sono tutti uguali”, significa riconoscere la priorità di rappresentare con coerenza la posizione politica della Provinciale di appartenenza. Nel contempo, fare un passo indietro rispetto a unioni che contrastano con i dettami statutari e forniscono visibilità a sodalizi che non hanno ricevuto il riconoscimento dello Sna o a soggetti che addirittura sono stati sanzionati con l’espulsione da esso, costituisce il caposaldo di una svolta imperniata sul riaffermato diritto alla critica costruttiva.
Per riguardo verso la democrazia interna, tutti noi dovremo pertanto abituarci, con la giusta dose di umiltà e di realismo, a fare tesoro delle tesi contrarie scaturite dagli iscritti e dibattute negli ambiti statutari.
Poi chi delibera la politica generale è il Congresso Nazionale e chi la sviluppa e vigila sulla sua corretta attuazione è il Comitato Centrale attraverso l’Esecutivo Nazionale nel rispetto, stavolta, della democrazia in senso lato che attribuisce 50% +1 degli aventi diritto (nel nostro caso l’87%) la facoltà di decidere.
Anche questo va tenuto bene a mente, perché una dittatura della maggioranza sarebbe intollerabile, ma una dittatura della minoranza addirittura grottesca.
Roberto Bianchi

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