♦ Il dibattito sulla capacità negoziale degli agenti di assicurazione è sempre aperto e, al netto delle innumerevoli sfumature intermedie, possiamo raggruppare le diverse opinioni in due macro-schieramenti per lo più contrapposti. Per semplicità espositiva pongo quindi da un lato quelli che lamentano la debolezza della categoria e dall’altro coloro i quali scommettono sulla sua forza.
Molti Gruppi agenti sono della prima opinione, tanto che la definizione della cornice entro la quale si muovono le trattative per il rinnovo degli integrativi aziendali è per lo più appannaggio della compagnia che stabilisce di cosa si discute e con quali limiti. L’ossessione di preservare a qualsiasi costo le “buone relazioni industriali” e l’accettazione di ingoiare un rospo dietro l’altro “per senso di responsabilità”, segnatamente escludendo dalla trattativa le questioni non gradite alle imprese, sono il frutto della convinzione che lo strapotere della mandante non consenta sogni di gloria e costringa a ragionare secondo la logica della somma zero. Ovvero, tanto ricevo sotto il profilo economico, per quanto riguarda rappel, incentivi, flessibilità, deroghe assuntive, altrettanto cedo in termini di prerogative collegate alla titolarità dei dati e alla proprietà industriale dei data base che li contengono, alla consulenza precontrattuale trasferita inopinatamente all’impresa, allo ius variandi che mette in pericolo la stabilità dei portafogli e mina il rapporto fiduciario con il cliente. Ne consegue che i plus economici assumono caratteristica variabile in base ai parametri fissati di volta in volta dalla mandante e per di più hanno validità temporanea a seconda della durata dell’integrativo, mentre la perdita delle conquiste conseguite sul campo dallo Sna è definitiva a tutto vantaggio della parte considerata più forte.
Eppure, il primo dettame a carico del sindacalista, sia pure dilettante, prescrive che la funzione delle rappresentanze collettive è prima di tutto rivendicativa, ha cioè il compito di migliorare le condizioni economiche e contrattuali dei rappresentati rispetto allo status quo antecedente all’inizio della trattativa e il secondo, strettamente collegato al primo, ammonisce che i diritti acquisiti non si negoziano, si difendono.
Ecco allora entrare in gioco gli ottimisti, forti del dato obiettivo secondo cui il canale agenziale intermedia più di tre polizze rami danni su quattro e poco meno di nove su dieci nel ramo Auto, nonostante l’azione incessante delle compagnie volta a disintermediare il mercato attraverso la vendita diretta ormai ridotta al lumicino e la vendita non professionale che non decolla a dispetto gli investimenti stellari effettuati in questa direzione da assicurazioni, banche e poste.
Una posizione dominante, quella occupata dagli agenti, a patto che siano considerati come un sistema di rete composto da circa 19.000 operatori professionali e non come la sommatoria di tante microaziende, dalla quale discende un potere negoziale impressionante, purtroppo soltanto potenziale, finora inespresso, sebbene l’industria assicurativa disponga di risorse copiose frutto degli utili record fatti registrare negli ultimi anni e confermati nel 2024 con un risultato d’esercizio di 10,5 mld/€ (+35% rispetto all’anno precedente).
Stando così le cose i fautori delle istanze sindacali, i quali percorrono sempre la via negoziale senza però dimenticare il ricorso ad altre forme di tutela degli interessi collettivi, dalla segnalazione alle autority, alla lobbying politica in Parlamento, alla via giurisdizionale, ma se necessario financo alla serrata, allo sciopero, alla disobbedienza civile, si chiedono perché i Gaa manifestino tanta timidezza nel sottoporre alle rispettive mandanti piattaforme rivendicative aderenti alle reali esigenze dei propri iscritti. A partire dalla richiesta di modificare in aumento le tabelle provvigionali allegate alle lettere di nomina sulla base delle indicazioni ricevute dal Sindacato. Una provvigione del 7-10% calcolata sul premio imponibile, ad esempio, è del tutto anacronistica vista la massa di attività amministrative-gestionali-burocratiche svolte dalle agenzie e costringe gli agenti a rispettare pedissequamente le strategie commerciali delle compagnie per inseguire le incentivazioni economiche trasformate dalle mandanti in una componente essenziale della remunerazione agenziale. Ciò riduce drasticamente i margini di autonomia imprenditoriale e nel contempo contrasta con il rispetto dell’obbligo posto in capo a ciascun intermediario di imperniare la propria offerta sull’adeguatezza e sulla coerenza dei servizi assicurativi rivolti alla clientela.
Naturalmente lascio a ciascuno di voi la scelta di schierarsi dalla parte delle buone relazioni industriali e del senso di responsabilità o, all’opposto, dalla parte della rivendicazione di maggiori libertà e della giusta remunerazione, limitandomi piuttosto a proporre una riflessione: la vera debolezza della categoria dipende dal fatto che taluni nostri rappresentanti sindacali, convinti che essa sia effettivamente debole, si comportano di conseguenza. Dovremmo allora porci il quesito se il freno non derivi piuttosto dalla sudditanza negoziale, al limite della decenza, manifestata dai dirigenti dei Gaa maggiormente accondiscendenti i quali, forse, non hanno capito quale sia il compito che gli iscritti hanno attribuito loro, comunque suppongo non soltanto quello di giocare a golf con il direttore generale o di veleggiare sulla sua barca nei fine settimana.
Roberto Bianchi
Chi sono i dirigenti di Gaa che veleggiano nei fine settimana sugli yacht dei capi?
