♦ L’anno appena iniziato pone alla professione di agente assicurativo numerosi quesiti ai quali il Gruppo dirigente del Sindacato è chiamato a rispondere, dai difficili orizzonti della trattativa riguardante il rinnovo dell’A.N.A. 2003, al governo della competizione con alcuni canali non professionali in crescita e con altri in declino, alla definizione di nuovi modelli gestionali e di sviluppo delle agenzie per fare fronte alla crescente complessità del nostro lavoro, all’indeterminatezza contrattuale introdotta unilateralmente dall’industria assicurativa nel mercato assicurativo, al rafforzamento del rapporto sinergico tra il negoziato di primo e secondo livello.
C’è però un tema che a mio avviso prevale sugli altri in ordine d’importanza, sebbene rimanga sotto traccia a causa del suo elevato grado di viscosità e cioè quello inerente la coerenza alla quale assoggettare qualsiasi prassi sindacale, tanto individuale quanto collettiva.
Partirei dal piano individuale, ovvero dall’opportunismo e dalla connaturata ambiguità che abbiamo constatato nei processi di comunicazione adottati dall’opposizione sindacale, resi ancora più gravi dalle frequenti distorsioni cognitive che hanno caratterizzato il giudizio preconcetto riservato all’azione dell’avversario interno che detiene la maggioranza. Questo approccio esasperato che nulla ha a che vedere con la dialettica interna di un’organizzazione democratica come lo Sna, ha determinato troppo spesso un clima pesante fatto di pensieri ostili scaturiti dall’attenzione prestata agli aspetti marginali presi a pretesto per adombrare l’esistenza del marcio laddove non c’è mai stato. Le generalizzazioni arbitrarie miranti ad attribuire etichette offensive a coloro che maggiormente s’impegnano, le conclusioni grossolane non avvalorate da fatti concreti, il dispregio delle regole statutarie eluse perché considerate strumento al servizio del governo in carica, hanno fatto da corollario a una narrazione ambigua tendente a spostare il contenzioso dal piano ideale a quello personale e quindi dal dibattito, magari aspro, alla denigrazione della singola persona. Ebbene, tutto questo deve finire, affinché lo scontro politico si svolga nelle sedi istituzionale e in esse rimanga confinato, evitando il ricorso a pseudo gruppi di pensiero che si definiscono sostenitori dello Sna e in realtà ne minano la robustezza alle basi, portando all’esterno dell’istituzione, anche mediante alleanze imbarazzanti, le polemiche fantasiose sul pensiero unico. Soprattutto quando la maggioranza costituisce la quasi totalità degli iscritti è doveroso da parte dell’opposizione attenersi al suo orientamento strategico perché se avvenisse il contrario ci troveremmo di fronte a una dittatura della minoranza, tollerabile soltanto nei regimi totalitari.
Senonché, il primo dei sedicenti portavoce del dissenso, non trovando seguito in Sindacato, ha fondato un sodalizio corporativo antagonista dello Sna piuttosto che delle imprese, il secondo ha dato vita a un bonsai di cui non si segnala alcuna traccia di esistenza in vita e l’ultimo, nel fare le valigie e iscriversi alla Sez. B del Rui, ha elargito, come lascito politico in occasione del Comitato Centrale di Caserta, l’insinuazione che lo Sna avesse pagato fatture in odore di peculato ricevendo un smentita comprensibilmente indignata da colui il quale sovrintende alla verifica dei conti sindacali. Un’indignazione peraltro condivisa con fragore dalla quasi totalità della platea da cui è pervenuto un segnale di maturità e di buon senso consistente nella presa d’atto che le regole più importanti per una rappresentanza di categoria sono probabilmente quelle non scritte.
Altre sarebbe invece necessario scriverle al più presto, prime fra tutte quelle destinate a disciplinare al meglio il rapporto sussidiario dei Gaa nei confronti dello Sna, affinché la coerenza costituisca il fondamento anche delle prassi collettive. I diritti e gli interessi degli agenti di assicurazione, specie nell’attuale fase di trasformazione da intermediari delle imprese a professionisti-imprenditori consulenti del cliente, sono appannaggio del negoziato di primo livello che non a caso interviene ogni qualvolta l’organismo di secondo livello sia inadeguato nel raggiungimento degli obiettivi posti al centro della trattativa.
Nel mio mondo ideale, sia pure nel rispetto dell’autonomia riconosciuta al singolo Gruppo agenti, qualsiasi accordo integrativo o patto aziendale andrebbe sottoposto all’autorizzazione preventiva del Sindacato generalista, pena la sua nullità. Ciò soprattutto alla luce del tentativo delle mandanti di sfruttare il proprio strapotere negoziale per far passare in sede aziendale pezzi di trattativa di primo livello allo scopo di svuotare la trattativa nazionale generalista. E dal momento che questo non giova a nessuno se non alle compagnie, sottrarsi nei fatti oltre che nei principi alla condivisione di norme tassative significa, sempre nella mia personalissima visione, adottare comportamenti incoerenti rispetto alla funzione ricevuta per mandato dalla categoria e di conseguenza fare i fiancheggiatori dell’industria assicurativa.
Roberto Bianchi
Chi non rispetta le regole statutarie ferisce la storia del Sindacato, rischiando il ridicolo
