♦ Ormai è chiaro a tutti che le compagnie di assicurazione non possono crescere senza il sostegno dei loro agenti. È essenziale rendersene conto e capire che la contrapposizione di interessi è dannosa per entrambi, soprattutto se non si trova un accordo. In un rapporto alla pari, dove ognuno ha il suo ruolo, è sbagliato lasciare irrisolti i problemi o restare ancorati a vecchi schemi, senza affrontare e riscrivere l'accordo che regola i rapporti tra agenti e compagnie.
È passato troppo tempo e, oggi, per rilanciare l'intero settore, è necessario rimettere al centro la discussione, riprendendo le trattative senza pregiudizi, consapevoli del ruolo di ciascuno. Sarebbe inutile ripetere il valore degli agenti: le compagnie lo sanno bene, così come sanno che non si può tornare al monomandato. Le compagnie non sono più in grado di controllare completamente la rete di vendita e la crescita culturale e professionale degli agenti è un fatto assodato da cui non si torna indietro.
Sono finiti i tempi in cui il mercato assicurativo era tranquillo, siamo tutti consapevoli che, dal 2005 cioè da quando è entrato in vigore il Codice delle assicurazioni private, si naviga a vista in un mare aperto e tempestoso. Non sono serviti gli ostacoli incontrati lungo il percorso (leggi e regolamenti, novità tecnologiche, cambiamenti nell'offerta assicurativa e nuovi modi di vendere). Neanche la modifica del comportamento dei clienti ha danneggiato il ruolo degli agenti e non possiamo certo cambiare le dinamiche delle relazioni aziendali con le mandanti, tanto più perché non siamo e non saremo mai accondiscendenti con le logiche delle compagnie.
A proposito di accondiscendenza, gli agenti ne hanno mostrata fin troppa. Non a caso, abbiamo quasi "regalato" la raccolta dati, oggi strumento nelle mani delle compagnie che lo usano contro gli interessi dei consumatori e degli agenti stessi. Non capisco come si possa andare contro gli obiettivi dell'UE di aumentare la concorrenza e proteggere i consumatori. L'accordo dovrebbe affrontare di petto questa questione, se si vuole un mercato più moderno.
E ancora, l'Accordo dovrebbe considerare la proprietà del portafoglio clienti, la possibilità di avere più mandati senza vincoli o condizionamenti da parte delle compagnie, la riorganizzazione delle agenzie dovrebbe avvenire nel modo più gradito agli agenti, la questione delle "rivalse" (costi oggi non più sostenibili per chi subentra in un'agenzia) andrebbe risolta lasciando a carico delle imprese l’anzianità, i costi relativi alle procedure amministrative e burocratiche svolte dalle agenzie andrebbero remunerate se di competenza delle compagnie.
Le regole e la consulenza non remunerata andrebbero definite nel nuovo accordo, così come i costi relativi al trattamento dei dati personali dei clienti. Tutti aspetti molto importanti che richiedono agli agenti forti investimenti, oggi totalmente a loro carico anche quando interessano anche le rispettive mandanti.
Le trattative sono trattative e ognuno cerca di ottenere il massimo vantaggio (perché i guadagni delle compagnie negli ultimi anni non sono stati certo divisi con la rete che li ha prodotti). Le divergenze contrattuali ci sono e ci saranno sempre, ma questo non significa che sia impossibile trovare soluzioni. Occorre discuterle e trovare un compromesso, se necessario.
Non inventiamo soluzioni strane che piacciono molto alle compagnie e meno agli agenti. Ad oggi, la contrattazione resta l'unico strumento per trovare un accordo. Non è certo un male; il vero problema è non essere accondiscendenti con le logiche delle compagnie. Questo accade, di solito, da parte di qualche Gruppo agenti che antepone gli interessi di alcuni a quelli della collettività. La modalità della contrattazione viene sempre messa in discussione dalla parte più forte, ma se vogliamo essere pragmatici e superare le ideologie, lo si faccia da entrambe le parti.
Filippo Guttadauro La Blasca
Ma il rapporto è alla pari? Rinnovo dell’A.N.A. 2003, un riconoscimento reciproco di ruoli e funzioni
