Sabato, 27, Apr, 8:08 PM

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Roberto Bianchi

 

♦ Nonostante tutti facciano finta di non saperlo, etica sociale ed economia discendono dalla stessa disciplina, la filosofia morale e di conseguenza, per quanto i vertici delle principali industrie si sforzino di mostrare il massimo del pragmatismo anti-ideologico, la necessità di conciliare il business con la moralità si fa ogni giorno più pressante.
La domanda alla quale ciascuno di noi dovrebbe rispondere è la seguente: per realizzare una società economicamente prospera, occorre che gli individui di cui essa si compone siano moralmente corretti? Io sostengo decisamente di sì, anche se nell’era contemporanea ha preso rinnovato vigore la convinzione che i vizi privati siano la base del beneficio pubblico e che il comportamento discutibile di un numero limitato di cittadini prosperi finisca per giovare all’intera collettività. Quasi che il potere in mano ai più forti, la ricchezza di pochi, l’egoismo generalizzato, per la loro natura profondamente ingiusta perché fondata sull’accaparramento individuale, alla fine siano in grado di “far vivere le nazioni nello splendore” meglio di quanto non possa farlo la virtù da sola, come ammetteva lo stesso Mandeville già quattro secoli or sono.
Che c’entra tutto questo con il nostro lavoro e soprattutto con le pagine di Snachannel? A mio avviso c’entra e tanto, dal momento che negli ultimi anni (nel passato a dire il vero le cose non andavano in modo diverso), i grandi competitori dei settori industriali dominanti fanno a gara nell’adottare comportamenti posizionati sulla sottile linea di demarcazione tra il lecito e l’illecito.
Le multe milionarie irrogate dall’Ivass a banche, poste e imprese di assicurazione per pratiche commerciali scorrette o per scarsa tutela dei diritti dei contraenti, sono la cartina di tornasole della spregiudicatezza adottata da taluni grandi conglomerati assicurativo-finanziari nei confronti delle persone e delle attività produttive che intendano sottoscrivere polizze assicurative allo scopo di trovare risposta al proprio bisogno di sicurezza.
D’altro canto, è evidente che una sanzione, sia pure di 5 mln di euro, potrebbe costituire un ragionevole investimento per sviluppare affari ben più ampi originati impropriamente dalla violazione delle norme anche quando e soprattutto se, portate alla luce dalle Autority di settore.
L’introduzione dello jus variandi nelle condizioni di polizza è, per altri versi, l’evidente dimostrazione del tentativo messo in atto dalla parte forte, le compagnie, di trarre vantaggio dalla loro posizione dominante nei confronti del consumatore cambiando le regole del gioco in pieno svolgimento della partita. Non è sufficiente alle imprese stabilire i contenuti contrattuali delle polizze, il relativo costo, l’assumibilità dei rischi, il perimetro di copertura, le franchigie, gli scoperti, le esclusioni, le modalità di distribuzione, pretendono addirittura di modificare unilateralmente le Cga e magari il premio in corso di contratto per portare a casa ulteriori utili.
Eppure, i bilanci dell’industria assicurativa hanno fatto registrare, in oltre dieci anni di andamenti più che favorevoli, profitti equivalenti a una vasta manovra di bilancio dello Stato italiano.
Uno sbilanciamento del potere negoziale subito, prima di tutto, da noi agenti ad opera dell’industria assicurativa che, dopo avere stressato la redditività agenziale al limite della sopravvivenza, ha imposto criteri di remunerazione variabile così efficaci da costringerci a rispettare passivamente le loro politiche gestionali e di sviluppo anche quando si dimostrano sfavorevoli per la categoria.
E allora, se vogliamo davvero essere parte attiva di una comunità evoluta, dovremo prima o poi porre una soglia etica alla remunerazione del capitale investito, al compenso dei top manager, ai dividendi degli azionisti, superata la quale il danno provocato alla collettività supera il beneficio generato. Così come dovremo stabilire regole di autogoverno che impediscano comportamenti predatori nei confronti degli utenti, i quali non possono più essere considerati altrettanti pezzi insignificanti del flusso di denaro che alimenta gli interessi degli agglomerati finanziari, quanto piuttosto per quello che sono davvero, ovvero donne e uomini di cui si compone la società reale, ai quali riservare il dovuto rispetto prima di tutto umano.
Vale la pena di rimarcare come, in un contesto di questo genere, spetti agli agenti di assicurazione prestare al cittadino una consulenza professionale imparziale e coerente con le sue esigenze, prendendo le distanze dalle strategie commerciali e dalle praticate adottate dalle rispettive mandanti quando irrispettose dei bisogni espressi dalla clientela. Non possono permettersi il lusso di chiedere onestà alle compagnie e nel contempo comportarsi in modo censurabile sul piano etico, per esempio accettando di effettuare riforme massive del portafoglio palesemente sfavorevoli ai consumatori, soprattutto se sostenute da piani di incentivazione economica mirate a coinvolgere gli intermediari nella responsabilità di scelte che non stento a definire riprovevoli.
Mi verrebbe da dire che è venuto il tempo dell’onestà, anche se forse il mio orologio va un po’ avanti rispetto a quello affisso sulle pareti di certi salotti buoni ove si decidono i nostri destini. 
Roberto Bianchi

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