♦ La rappresentanza della categoria si nutre di democrazia rappresentativa. Il Sindacato nazionale agenti non sfugge a questa regola, che ha ispirato uno Statuto con un implicito sistema di contrappesi del potere che, unito all’esercizio responsabile delle deleghe, costituisce il substrato sul quale affonda le sue radici il sistema di tutela e rappresentanza della categoria.
Il sistema prevede la risalita delle deleghe, dall’Assemblea all’Esecutivo provinciale, fino all’Esecutivo Nazionale per il tramite del Presidente provinciale e dai Delegati al Congresso, sia esso ordinario o elettivo, fino al Presidente Nazionale. Così pure è per le istanze, proposte e mozioni presentate al Congresso dai Delegati che lo compongono a nome della base rappresentata e non esclusivamente a titolo personale.
Lo Statuto, ancora, prevede organi di controllo e verifica, quali il Consiglio Direttivo, il Comitato Centrale, il Collegio dei Sindaci, ed organi con compiti di valutazione e giudizio su questioni disciplinari, deontologiche e morali, quali il Collegio dei Probiviri e la Commissione di Deontologia. Il sistema è dunque sufficientemente articolato per poter essere definito “democratico” e per svolgere adeguatamente il proprio compito di rappresentanza degli iscritti e, quando richiesto, dell’intera categoria.
Alla domanda su quanto sia importante l’unità della rappresentanza della categoria la risposta trasversale è univoca: è di importanza fondamentale. Sembra ovvio, ma ciò deriva dal semplice concetto che l’unione fa la forza e che quando si spingono e si sostengono univocamente le istanze della categoria, senza dispersione delle forze, probabilmente è meno difficile ottenere i risultati per i quali ci si impegna.
Ma, allora, ci si domanda perché sono nate altre sigle che paiono contrapporsi ideologicamente alla storica rappresentanza degli agenti? E perché queste sigle, la cui scarsa rappresentatività è ovvia quanto irrimediabile, continuano a parlare del valore dell’unità sindacale come obiettivo da raggiungere, nel contempo proponendosi come interlocutori a una controparte che nello stagno della divisione e della loro scarsa rappresentatività sguazza come una papera felice? Davvero è sostenibile la tesi che l’unità sindacale si fa facendo fronte comune tra una grande e strutturata rappresentanza democratica come il Sindacato Nazionale Agenti e le sigle minori, che sono evidentemente nate da mal di pancia personali e che paiono non condividere nient’altro che questo malessere?
L’unità sindacale si ottiene evitando le divisioni, non provocandole. Unità sindacale significa avere la pazienza di proporre istanze al Congresso, che democraticamente può farle diventare politica sindacale, impegnando l’Esecutivo e il Presidente a realizzare progetti coerenti con l’indirizzo deliberato. Unità sindacale vuol dire anche accettare che il Congresso possa rispondere negativamente alle istanze, respingendole. Unità sindacale vuol dire non pretendere che rappresentanti delle cosiddette “minoranze” debbano avere a prescindere posizioni di governo in organismi democratici, fondati – e la validità della scelta è stata confermata più volte – su un sistema maggioritario che non può essere scardinato, pena lo smontamento dell’intero sistema di rappresentanza.
L’Unità sindacale, di fatto, esisterebbe già, se si comprendesse una volta per tutte che le porte del Sindacato sono aperte per essere varcate in direzione dell’ingresso, e non in quello dell’uscita.
Roberto Pisano
L’unità sindacale esiste!
