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ROMA - L’ordinanza 3429/2025 della Corte di Cassazione solleva una serie di interrogativi fondamentali per il settore assicurativo e medico-legale, in particolare, sul delicato tema della compatibilità tra il risarcimento da responsabilità civile e l’indennizzo da polizza privata infortuni. Il principio ribadito dalla Corte, ossia l'impossibilità di cumulare i due benefici, solleva delle implicazioni rilevanti che meritano un approfondimento, specialmente per quanto riguarda la copertura effettiva offerta dalla polizza infortuni.
Quando la Cassazione afferma che l'indennizzo da polizza infortuni non può essere cumulato con il risarcimento da responsabilità civile, si sta riferendo a un principio fondamentale in diritto civile e assicurativo: quello secondo cui il risarcimento e l'indennizzo devono essere sufficienti a ripristinare la situazione pre-danno, ma non devono generare un arricchimento ingiustificato per il danneggiato. Se, infatti, un soggetto ottiene già un risarcimento dal responsabile del sinistro per il danno subito (sia patrimoniale che non patrimoniale), l'indennizzo da polizza privata non deve comportare una duplicazione dei benefici, altrimenti il danneggiato si troverebbe in una posizione patrimoniale migliore di quella precedente l'incidente. Questo sarebbe in violazione dei principi giuridici che regolano il risarcimento del danno, in particolare il principio di indifferenza del risarcimento, che mira a ripristinare la condizione economica del danneggiato senza arricchirlo. Tuttavia, nella pratica, questa esclusione del cumulo comporta un effetto significativo per l’assicurato, in quanto la copertura reale offerta dalla polizza infortuni si riduce di fatto, limitandosi solo al danno che non è già stato risarcito dal responsabile civile. In altre parole, se una parte significativa del danno viene risarcita dal responsabile del sinistro (ad esempio, attraverso la liquidazione di un danno biologico o patrimoniale), l’indennizzo assicurativo che l’assicurato potrebbe richiedere alla propria compagnia di assicurazione per il medesimo danno si ridurrà, o addirittura potrebbe essere annullato, se l’indennizzo dell'assicurazione privata deve concorrere con il risarcimento ricevuto dal responsabile civile.
L’esclusione del cumulo solleva un altro interrogativo: la polizza infortuni offre una copertura adeguata? Il contratto di assicurazione infortuni, infatti, è generalmente progettato per offrire una protezione economica al danneggiato in caso di infortuni che causano danni alla salute. Tuttavia, il fatto che la Cassazione stabilisca che l'indennizzo deve essere ridotto in presenza di un risarcimento da parte del responsabile civile potrebbe ridurre significativamente la copertura effettiva offerta dalla polizza. In sostanza, se la vittima dell'infortunio riceve un risarcimento adeguato dal responsabile del sinistro, la polizza infortuni potrebbe non fornire un ulteriore ristoro, o potrebbe farlo solo per una parte del danno.
Ciò pone una questione cruciale sulla sufficienza della polizza infortuni in termini di risarcimento del danno: se la polizza non è cumulabile con il risarcimento ricevuto dal responsabile civile, il premio pagato dall’assicurato risulterebbe non completamente rispondente al rischio che l’assicurato si aspettava di trasferire all’assicuratore. Il rischio di un'inadeguata copertura è quindi tangibile, soprattutto per gli assicurati che, facendo affidamento sulla propria polizza infortuni, si ritrovano a subire una riduzione del beneficio a causa di un risarcimento che non sempre copre l'intero danno subito.
Un ulteriore aspetto da considerare è che la decisione della Cassazione potrebbe introdurre una sorta di franchigia implicita nell’ambito della polizza infortuni. La franchigia è una somma che l'assicurato deve pagare di tasca propria prima che l'assicurazione intervenga. Nel caso in esame, tuttavia, la franchigia non sarebbe esplicitamente prevista nel contratto, ma sarebbe determinata dal fatto che l'assicurato riceve un risarcimento parziale o totale dal responsabile civile. Se, infatti, il danno subito è già stato compensato dal risarcimento, l’assicurato non riceverà un indennizzo per quella parte di danno, come se fosse una sorta di franchigia implicita che riduce il beneficio della polizza. Questo solleva la questione se il premio che l’assicurato paga per la propria polizza sia effettivamente commisurato al rischio che sta trasferendo all’assicuratore. Se la polizza infortuni non copre interamente i danni già risarciti dal responsabile civile, e se la compagnia di assicurazione applica un principio di riduzione del risarcimento in base ai benefici già ottenuti, potrebbe esserci una discrepanza tra il premio pagato e il rischio effettivo. In pratica, il contratto assicurativo potrebbe non coprire adeguatamente l’assicurato, riducendo di fatto la protezione economica che egli si aspettava di ottenere.
A fronte di questi problemi, si potrebbe porre la domanda se non sia giunto il momento di rivedere le polizze infortuni e, in particolare, le modalità di calcolo dell’indennizzo. Le compagnie di assicurazione potrebbero considerare di introdurre modifiche nei contratti in modo che, se da un lato l’indennizzo non è cumulabile con il risarcimento da responsabilità civile, dall’altro lato il rischio effettivo per l’assicuratore venga chiaramente definito e commisurato. In altre parole, l’assicurato dovrebbe ricevere una copertura piena per i danni che non sono già stati adeguatamente risarciti, senza che le polizze diventino strumenti di arricchimento, ma nemmeno di protezione insufficiente.
L’ordinanza 3429/2025 non solo chiarisce il principio del non cumulo, ma solleva importanti interrogativi sulla protezione effettiva offerta dalle polizze infortuni, sulla congruità dei premi assicurativi e sulla necessità di una riflessione più approfondita sul modo in cui il rischio è trasferito tra assicurato e assicuratore. È indubbio che questo principio limiti il rischio per le compagnie assicurative di pagare indennizzi e di riflesso i premi debbano essere rivisti; nonostante ciò, credo anche che il punto di vista della Cassazione non sia corretto e di contro limiti la possibilità per una persona che voglia assicurarsi, di poter avere una tranquillità economica in caso di infortuni, soprattutto se di grave entità, ma questo tema lo approfondiremo nelle pagine de "L’Agente di Assicurazione".
Tiziano Salerno

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