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ROMA - "L'assicuratore che, prima della stipula di un'assicurazione sulla vita, sottopone al contraente un questionario anamnestico, per la valutazione del rischio, non ha alcun onere di indicare analiticamente tutti gli stati morbosi che ritiene influenti sul rischio, ma è sufficiente che ponga all'assicurato la generica richiesta di dichiarare ogni stato morboso in atto al momento della stipula o ne raggruppi le specie per tipologie, né tale formulazione del questionario può essere interpretata come disinteresse dell'assicuratore alla conoscenza di malattie non espressamente indicate".
E' questo il passaggio più importante della recente ordinanza della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione (n. 20128 pubblicata il 22 luglio 2024).
La vicenda processuale scaturiva dalla morte del contraente di una polizza vita stipulata a copertura di una linea di credito per l'acquisto di un immobile. Dopo alterni orientamenti da parte dei giudici di primo e di secondo grado, la moglie del defunto ricorreva in Cassazione per vedersi riconosciuta la liquidazione dell’indennizzo.
Ai fini del perfezionamento dell’accordo, l’ente creditizio e il funzionario della stessa avevano preteso la sottoscrizione di due polizze assicurative con due distinte società: la prima, a copertura del rischio danni dell’immobile e la seconda per il rischio vita. Quest'ultima comportava, in base a quanto previsto dalle condizioni contrattuali, un indennizzo caso morte pari all’importo del debito residuo.
A  seguito del decesso del marito contraente, la coniuge inoltrava alla compagnia di assicurazioni formale richiesta di indennizzo. Richiesta che, però, veniva rifiutata. La compagnia motivava così la decisione: il decesso era da ricondurre ad alcune patologie già diagnosticate al momento della sottoscrizione della polizza (diabete mellito e cirrosi epatica, ndr), per le quali il contraente la polizza era stato sottoposto a terapia farmacologica continuativa, ma che si era guardato bene dal dichiarare al momento della sottoscrizione della polizza.
La Corte di Cassazione ha respinto così, con la recente ordinanza, il ricorso della donna, condannando la stessa alla spese del giudizio di legittimità.
Luigi Giorgetti

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