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Roberto Bianchi


 Nei giorni scorsi ho partecipato con molto interesse al convegno dal titolo “L’Open Insurance: le assicurazioni alla prova delle nuove tecnologie” organizzato dallo Sna in collaborazione con l'Università degli Studi Internazionali di Roma e con l’Associazione Share di cui fanno parte le principali software house del settore assicurativo. Nel corso del dibattito, un rappresentante di spicco dell’Ania, dissimulando una certa irritazione, si è detto convinto che “non va bene” presentare ricorsi all’Antitrust mentre ci si confronta con l’associazione delle imprese.
Naturalmente non sono d’accordo con lui prevedendosi, in linea generale, diverse modalità negoziali integrate soprattutto per la parte debole. Sul tema dello jus variandi contrattuale e tariffario ritengo in particolare sia ammissibile affiancare alla via istituzionale anche la protesta di piazza a fiano delle associazioni consumeristiche.
Lo dico senza alcun intento conflittuale, perché sono convinto che cambiare le carte in tavola mentre si sta giocando la difficile partita della sicurezza integrativa offerta dal settore assicurativo alle famiglie, alle professioni e alle imprese in un Paese in cui la cultura del rischio è tra le più scadenti dell’Occidente, possa mettere in discussione prima di tutto il rapporto fiduciario intercorrente tra i cittadini e gli agenti. Assecondare la pressione delle mandanti di effettuare riforme massive del portafoglio in pejus danneggia infatti il cliente e rischia di contaminare il ruolo consulenziale svolto dall’intermediario professionale il quale sarebbe chiamato ad astenersi dal proporre modifiche contrattuali che non tutelino l’interesse della clientela.
Questo dovrebbe accadere nel mondo ideale, dato che in quello reale le imprese adottano con abilità la doppia leva della blandizia, riconoscendo a favore dell’agenzia premi in denaro al raggiungimento degli obiettivi di riforma nonostante sia vietato incentivare soluzioni che non rispondano alle esigenze dell’utente assicurativo, alternata a pressioni esercitate su chi non riesce, o magari non vuole, centrarli.
È evidente che abbiamo a che fare con una questione di adeguatezza dei contratti, per la quale, da sola, varrebbe comunque la pena di inoltrare ricorso all’Autorità della concorrenza e del mercato, visto l’obbligo posto dall’Idd, dalle norme nazionali e dallo stesso Codice del Consumo in capo all’agente di prestare consulenza prevendita in modo onesto, imparziale e competente. Non è escluso infatti che una sostituzione peggiorativa possa generare la possibile chiamata in causa della responsabilità professionale dell’agente in quanto consulente del cliente. Tanto per intenderci, l’introduzione alla scadenza annuale della variabilità contrattuale nelle polizze abitazione e il collegato aumento tariffario vengono venduti dall’industria assicurativa come conseguenza del progressivo peggioramento delle condizioni metereologiche, nonostante le catastrofi naturali siano escluse dalla quasi totalità delle multirischi abitazione che assicurano semmai gli eventi naturali e non già le alluvioni e i terremoti. Non parliamo poi dell’insufficiente informazione fornita dalle fabbriche prodotti dapprima agli agenti e successivamente ai clienti i quali, non accettando le riforme, sono costretti a rinegoziare la polizza in uno scenario di mercato caratterizzato dalla lievitazione tariffaria e dal peggioramento delle condizioni normative.
Come sostiene lo Sna da anni, il principio della protezione del consumatore dalle conseguenze dello sbilanciamento del potere negoziale e dell’asimmetria informativa rispetto all’assicuratore rimane una dichiarazione di principio se relegato alla compilazione di inutili documenti cartacei. Non è affatto detto, anzi è spesso vero il contrario, che essere conformi (o compliant come dicono quelli bravi) alle regole burocratiche significhi nel concreto ispirarsi davvero, nella scelta dell’offerta di servizi assicurativi, alla coerenza rispetto al bisogno di sicurezza espresso dai cittadini e all’impegno di astenersi da qualsiasi conflitto di interessi.
Per questo ritengo che la battaglia combattuta in solitaria dallo Sna sullo ius variandi, prontamente raccolta dalle associazioni dei consumatori, dovrebbe essere sostenuta con la massima fermezza anche dall’Autority di settore che è sembrata adottare finora un atteggiamento eccessivamente prudente verso le necessità rappresentate dalle compagnie di mantenere intatti gli equilibri di sistema.
È necessario parimenti avviare quel processo di cambiamento del paradigma sul quale si fonda la declinazione delle regole comunitarie incentrandolo, di comune accordo tra le rispettive rappresentanze, sulla relazione fiduciaria che intercorre tra consumatori e agenti piuttosto che sull’emissione di documenti firmati meccanicamente dagli interessati che non hanno la competenza necessaria per valutarne quantomeno i contenuti principali.
Si tratterebbe di una rivoluzione della governance sociale in campo assicurativo basata sull’integrazione tra domanda e offerta, capace di superare il sistema di regole e sanzioni espressione della solita burocrazia bizantina che, presumendo la propensione degli operatori a violare le regole codificate, li asfissia preventivamente.
I timidi tentativi di semplificazione non sono sufficienti, la categoria richiama con forza il principio dell’autogoverno i cui fondamenti sono stati condivisi con i consumatori: questa è la sola strada giusta!
Roberto Bianchi

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