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Roberto Bianchi


Proseguo la mia personale battaglia rivolta all’analisi sistematica di tutte le notizie riguardanti la millantata rivoluzione Insurtech, ovvero quella vendita di polizze assicurative mediante il canale web che dovrebbe soppiantare la tradizionale distribuzione effettuata dal canale professionale degli agenti di assicurazione, per dare conto dell’ennesimo clamoroso flop.
Veniamo all’antefatto: il 19 ottobre del 2022 Amazon, il Colosso e-commerce che imperversa da tre decenni nella vendita al dettaglio e tanta gente ha fatto piangere in tutto il mondo tra produttori, corrieri e commercianti, annunciava che avrebbe introdotto entro l’anno sul mercato del Regno Unito il marchio Amazon Insurance Store focalizzato sulla raccolta delle polizze abitazione.
Il panel di Amazon era inizialmente composto da compagnie della portata di Ageas UK, maggiore competitore belga, di Co-op Insurance della Cis General Insurance Limited e di LV= General Insurance del Gruppo Allianz, a cui si sono presto aggiunti i team di Policy Expert e Urban Jungle.
"L'acquisto online di assicurazioni sulla casa è un'esperienza consolidata – dichiarava allora Jonathan Feifs, direttore di Amazon EU Payment Products - e questo lancio iniziale è solo l'inizio: continueremo a innovare e apportare miglioramenti, il tutto con l'obiettivo di soddisfare i clienti e fornire l'esperienza di acquisto più conveniente possibile”. Insomma, tutto lasciava presagire che, dopo questa prima sperimentazione, il comparatore si sarebbe arricchito di altri tipi di polizze del settore retail, a danno soprattutto del canale professionale.
Punti di forza, la copertura minima di 1 milione di sterline per gli edifici assicurati, una copertura aggiuntiva di 25 mila £ per gli alloggi alternativi o saltuari e l’immancabile carta regalo contenente un buono acquisto di 10 £ a favore di chi si fosse registrato al negozio assicurativo virtuale e questo perché i portali on line trattano le polizze alla stregua dei beni di largo consumo e non come servizi evoluti ad elevato valore aggiunto.
Il percorso che si annunciava trionfale ha invece marcato subito il passo anche perché, già agli esordi dell’iniziativa, un’associazione consumeristica inglese ha fatto luce sulla scarsa competitività dell’offerta Amazon risultata mediamente più cara di 164,00 sterline rispetto alla media di mercato. Ed era abbastanza logico prevederlo, dato che i passaggi costano e più è lunga la catena, più alto è il costo a carico dell’utente il quale viene attratto inizialmente dalle offerte irresistibili e dagli effetti speciali, ma prima a poi scopre come stanno effettivamente le cose. D’altro canto si sa, sul web le notizie corrono e gli errori si pagano in fretta.
Altro fattore determinante del mancato successo, la decisione adottata proprio nel 2022 dalla Financial Conduct Authority, il regolatore dei servizi finanziari del Regno Unito, il quale ha fatto divieto alle imprese che assicurano i settori automobilistici e domestici di rivolgere ai nuovi clienti offerte più economiche rispetto ai premi praticati ai clienti in portafoglio. Sì, avete capito bene, l’Autority UK ha giustamente vietato alle compagnie che operano nel segmento retail di penalizzare gli assicurati che hanno già sottoscritto polizze offrendo premi inferiori alla nuova clientela, ovvero di adeguare le tariffe degli uni a quelle degli altri.
Questa sì che è tutela del consumatore, altro che la montagna di pagine di cui si compone la polizza di un ciclomotore!
La conseguenza immediata è stata che il tasso di mobilità da una compagnia all’altra è tornato bruscamente ai livelli del 2008, a chiara testimonianza del fatto che il cambio di assicuratore è fortemente condizionato dal fattore prezzo e, nel contempo, che quando le compagnie sono costrette ad adottare comportamenti etici nei confronti dei clienti, l’appeal generato su di essi dagli intermediari on line precipita in misura persino imbarazzante.
Veniamo finalmente al fatto nuovo, alla notizia di oggi: dopo appena 15 mesi di attività, Vassil Gedov, top manager del comparatore, ha annunciato una clamorosa marcia indietro: “nell’ultimo anno – ha dichiarato - abbiamo valutato varie attività e programmi e, nell’ambito di ciò, abbiamo preso la difficile decisione di chiudere Amazon Insurance Store”.
Altro flop, altra figuraccia per tutti quei manager strapagati che hanno puntato sulla disintermediazione, o per meglio dire sull’aggiramento dell’intermediazione professionale, per giocare le proprie carte sulla raccolta diretta e sul web, ostinandosi a scommettere che la relazione personale tra cliente e agente di fiducia possa essere superata mediante l’utilizzo di assistenti virtuali, magari muniti di voce umana simulata, che si muovono lungo percorsi digitali elaborati dall’intelligenza artificiale sulla base delle informazioni contenute negli algoritmi assegnati nelle banche dati a ciascun singolo cliente.
La vita per fortuna non è ancora quella desiderata dall’industria assicurativa e se per pura ipotesi lo fosse, chi si riconoscerebbe in questo scenario di lievitante disumanizzazione fatta eccezione per i nerd che lavorano alle scrivanie delle startup  informatiche impegnate nello sviluppo dell’Insurtech, senza mai avere visto un cliente in faccia, data peraltro la loro risaputa difficoltà nel confrontarsi con la società reale?
Agli agenti il mercato assicurativo piace invece così com’è, con i suoi margini di spreco e di inefficienza che possono essere sicuramente ridotti mediante l’utilizzo crescente del digitale, ma anche con quella dose di relazione umana e di consulenza fiduciaria di cui soltanto gli agenti di assicurazione in carne ed ossa sono tenaci portatori.
Roberto Bianchi

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