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Roberto Bianchi

 

♦ C’è una discorso che ricorre nei corridoi sindacali, soprattutto quando si parla del più e del meno durante le pause caffè: “l’unità sindacale è possibile, basta volerla e uniti saremmo molto più forti nella contrattazione con l’industria assicurativa”.
In effetti questa ipotesi andrebbe salutata, almeno sul piano del principio, come la risultante di un salto di qualità nel rapporto con l’industria assicurativa, perché le contrapposizioni sindacali assorbono una parte considerevole delle energie profuse nell’azione quotidiana e di conseguenza allontanano il miraggio della partnership tra le imprese e il canale agenti.
“Per realizzare l’unificazione sarebbe sufficiente puntare con decisione sulle cose che uniscono, anziché enfatizzare quelle che dividono e il gioco sarebbe fatto” dicono sempre dietro le quinte le stesse persone. Già sarebbe, perché il primo ostacolo oggettivo sta proprio nella constatazione che Vincenzo Cirasola scommette sul modello anglosassone e cioè sulle possibili convergenze con l’Ania al fine di individuare nuovi assetti negoziali, anche alla luce del fatto che la “Idd (Insurance Distribution Directive) apporterà modifiche sostanziali alla nostra professione”, mentre Claudio Demozzi mantiene la barra puntata sulla tutela della categoria in conformità al sistema italiano, o se preferiamo latino, delle relazioni industriali che escludono la cosiddetta somma zero nel computo delle conquiste conseguite dalla parte debole in sede negoziale.
Ne consegue che al tavolo imperniato sull’Ana, la rappresentanza minoritaria vorrebbe “riscrivere gli istituti del vigente Accordo Nazionale Agenti, che tutti indicano obsoleto ma ancora oggi citato dalle imprese come fonte nei mandati agenziali”, quasi che ciò fosse una iattura e non piuttosto la più evoluta forma di garanzia collettiva esistente al mondo a favore degli agenti. Lo Sna, all’opposto, pone al centro della propria piattaforma rivendicativa il richiamo esplicito dell’Accordo in vigore come premessa di qualsiasi mandato agenziale e intende mantenere quegli stessi istituti che considera inalienabili in quanto diritti acquisiti, per derogarli in melius. Addirittura, si batte affinché all’Ana venga attribuita efficacia erga omnes attraverso una legge dedicata a salvaguardare la figura degli agenti dimostratasi, durante il periodo pandemico, di valenza sociale primaria.
Eccoci allora arrivati al nodo rappresentato dalla figura dell’agente di assicurazione, ulteriore motivo di inconciliabile distanza tra Anapa che, nelle considerazioni al Provvedimento 97 dell’Ivass, scrive di considerare i monomandatari assimilabili ai dipendenti di compagnia e lo Sna il quale non concede alcuno spazio all’ipotesi di distinguere gli agenti “collegati” dagli agenti “indipendenti” e si dichiara disposto a difendere in qualsiasi sede la figura unica dell’agente. Anche perché, se la facoltà di concedere o meno mandati rimane in capo alle imprese il plurimandatario, una volta privato delle salvaguardie contenute nell’Ana, finirebbe presto in una riserva indiana proprio come è successo a suo tempo agli agenti in esclusiva bilaterale.
C’è poi un’altra questione derimente che divide nettamente le due rappresentanze generaliste e cioè il senso stesso attribuito al negoziato con l’Ania riguardante l’Accordo nazionale. Anapa intende trattare “un nuovo accordo imprese-agenti”, sebbene dopo due anni dalla ripresa del tavolo di confronto non sia stata in grado di formulare un piano organico che vadano in questa direzione, mostrando di essere a rimorchio delle strategie provenienti dall’industria assicurativa. Lo Sna, al contrario, ha elaborato un programma articolato di proposte finalizzate al rinnovo dell’Ana, a partire dal presupposto che rifiuta l’ipotesi dell’Ania di scrivere ex novo una “carta dei diritti e dei doveri che ogni rapporto agenziale è chiamato a rispettare” e di demandare tutto il resto alla “contrattazione decentrata”, laddove i Gruppi agenti manifestano la loro endemica debolezza strutturale nei confronti delle rispettive mandanti.
Proseguo questo elenco che potrebbe essere lunghissimo, affrontando un altro tema fortemente divisivo che vede, neanche a dirlo, imprese e Anapa da una parte e Sna dall’altra. L’Ania sostiene infatti di essere stata costretta a interrompere il negoziato con le rappresentanze degli agenti in quanto lo Sna ha assunto una posizione sulla questione della titolarità autonoma e della proprietà industriale del dato che non consente mediazioni. Al proposito Cirasola conferma, in perfetta sintonia con la controparte istituzionale, ma non potevano esservi dubbi a riguardo, che le trattative sono state fermate dall’Ania a causa di “preclusioni pregiudiziali del tutto ideologiche sulla titolarità autonoma dei dati dei clienti posta dallo Sna”. In realtà le motivazioni addotte dal nostro Sindacato derivano dalla convinzione che regalare il nostro patrimonio di dati alle mandanti, con annessa proprietà industriale sia, prima ancora che sbagliato, del tutto stupido in virtù del valore che quei dati andranno ad acquisire nelle strategie multicanale dell’industria assicurativa che punta con decisione alla disintermediazione del mercato.
Concludo con la boutade del momento: Anapa chiede all’Ania di tornare al tavolo della trattativa senza lo Sna, perché “non si può pensare che moderne relazioni sindacali tra imprese ed agenti siano gestite da un'intesa sottoscritta nell'ormai lontano 2003, del tutto avulsa dalla realtà del nostro business”. C’è un motivo, mi chiederete, per cui non ho ancora citato Anagina che sollecita a sua volta la riapertura del tavolo anche in assenza dello Sna? Sì, certo, ho fin qui ignorato Anagina perché a mio avviso l’associazione degli agenti ex Ina Assitalia non avrebbe alcun titolo a sedere al tavolo di rinnovo dell’Ana trattandosi non di una rappresentanza generalista, quanto piuttosto di un Gruppo agenti numericamente irrisorio e per di più in odore di imminente conflitto di interessi poiché si appresta a diventare, attraverso la Cassa Previdenza, proprietaria di un milione di azioni Generali. Una trovata a effetto alla quale l’Ania ha fatto timida eco affermando che ha interrotto le trattative con le rappresentanze degli agenti pur avendo registrato “la disponibilità delle altre sigle sindacali (Anapa e Anagina, ndr.) a valutare soluzioni adeguatamente flessibili”.
Insomma, sarò pure un militante vecchia maniera, settario e poco flessibile, ma mi sapete spiegare su che basi dovremmo dibattere di unità sindacale insieme a colleghi con i quali non condividiamo alcunché, neanche le questioni più cruciali per la sopravvivenza della categoria?
Roberto Bianchi

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