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Roberto Bianchi

 

♦ Il 26 giugno scorso la Giudice di Roma chiamata a giudicare la causa civile avviata da Anapa e Vincenzo Cirasola in proprio e in quanto Presidente della medesima contro il Sindacato nazionale agenti ha emesso una sentenza che non lascia spazio a repliche, respingendo la domanda attrice e condannandola “alla rifusione delle spese di lite in favore della convenuta, complessivamente liquidate in euro 9.785,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori come per legge”.
Si è trattato di valutare la richiesta di un “risarcimento del danno in relazione a campagna assertivamente diffamatoria posta in essere da SNA nel periodo intercorrente tra il 2017 e il 2019, mediante la pubblicazione di articoli diffusi tramite newsletter e pubblicati sul giornale online Snachannel.it, oltreché due missive ad enti istituzionali (all’INPS di Genova del 2.8.2017 e all’Ispettorato Nazionale del Lavoro nonché Ministero del Lavoro e delle politiche Sociali del 27.6.2018)”.
Al centro delle valutazioni innanzitutto il diritto di critica sindacale che, in quanto espressione di un’opinione, “non è soggetto a un giudizio di verità per l’opinabilità intrinseca ad ogni giudizio individuale” in quanto destinato ad “esprime convincimenti, valori, credenze necessariamente differenti tra individui nei vari gruppi sociali” e, nel contempo, a giudicare se l’opinione sia sempre stata manifestata rispettando “il carattere della continenza espressiva, senza trascendere in contumelie o in affermazioni ingiuriose o in attacchi gratuitamente offensivi o inutilmente denigratori, ovvero espressioni volte a colpire la figura morale e della persona criticata”.
Ebbene, secondo la Giudice chiamata a valutare a decidere “tutte le espressioni utilizzate ed oggetto di contestazione risultano piena espressione di un aspro – ma pur legittimo – giudizio critico, in quanto tale soggettivo, nei confronti dell’associazione sindacale attrice (Anapa, ndr.) e del suo presidente (Vincenzo Cirasola, ndr.), ampiamente ragionato e motivato nei vari brani, sulla base di un effettivo appiglio alle reali, complesse e concrete vicende rientranti nella dialettica sindacale e di indubbio interesse pubblico per il settore assicurativo, aspetto quest’ultimo relativamente al quale non sono comunque mosse censure ma indubbiamente esistente”.
Insomma, per dirla con parole mie, gli scritti presi a motivazione della richiesta danni esprimono giudizi soggettivi di validi sindacalisti, sono legittima espressione della libertà di critica, non sono denigratori nei confronti di Anapa e di Cirasola e sono tutti imperniati sulla verità.
Al di là della competenza dimostrata dalla Giudice, cui va il mio apprezzamento personale per la capacità di contestualizzare le diverse problematiche e per la lucidità dimostrata nel formulare le proprie valutazioni, nessuno in Sindacato nutriva soverchi dubbi sull’esito finale che ha confermato quanto sostenuto finora e cioè di non avere gratuitamente offeso alcuno nell’affermare le nostre tesi in tema di rappresentatività sindacale, soprattutto in quanto suffragate da fatti concreti.
Ma il tema della mia riflessione odierna è tutt’altro e si riferisce al metodo adottato nel confronto ideale che, soprattutto in ambito sindacale può (dal mio punto di vista deve) assumere toni ritenuti dalla stesa Giudice, a proposito di un mio articolo, “aspramente critici e polemici rispetto all’operato dell’associazione sindacale antagonista” ritenuta minoritaria e scarsamente rappresentativa. All’autorità giurisdizionale ci si rivolge infatti, a mio avviso, per tutelare gli interessi e soprattutto i diritti della categoria, magari presentando ricorso al Tar contro il Provvedimento 97 dell’Ivass come ha fatto lo Sna e non allo scopo di ottenere la censura delle idee espresse dal più antico e comparativamente più rappresentativo sindacato della categoria, come hanno Anapa e il suo presidente.
Se poi le tesi addotte sono insussistenti, si perde e ci si devono accollare tutte le spese derivati dalla lite, decine di migliaia di euro che potrebbero essere spese in modo molto più proficuo patrocinando, tanto per rimanere in ambito giudiziario, qualche causa pilota di interesse collettivo contro le imprese.
Al proposito mi chiedo: non sarà per caso che questo metodo persecutorio di agire verso il sindacato antagonista soltanto perché la pensa in modo diverso sulle principali questioni che opprimono la categoria degli agenti di assicurazione (sono già due le cause avviate e regolarmente perse contro lo Sna) finirà per contribuire allo spegnimento della luce emanata dal bi-presidente, ormai soggetto a forte contestazione anche in casa Ga.Gi.?
Roberto Bianchi

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