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Roberto Bianchi


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È noto come il mondo tecnologico abbia bisogno di introdurre continuamente neologismi suggestivi, chissà perché sempre in lingua inglese e quindi di difficile pronuncia, nel tentativo di elevare l’aria fritta al rango di filosofia esistenziale.
Stavolta la parola chiave è phygital che sta a indicare la contaminazione del digitale (digital) con il fisico (physical). Come a dire che le startup tecnoloche, dopo avere millantato la suggestione che l’insurtech, altra parola cacofonica derivante dalla fusione di insurance (assicurazione) e technology (tecnologia), avrebbe rivoluzionato il mercato assicurativo, ora riscoprono il valore della distribuzione fisica, o meglio mista. Certo, con tutti i quattrini che le compagnie hanno speso (male) raccontandoci la novella del cliente che disteso sul divano di casa avrebbe passato il tempo acquistando polizze non soltanto Rcauto direttamente dal telefonino o dal tablet e constatato che, in realtà, il consumatore ha di meglio da fare nel tempo libero, fanno dietrofront insieme ai loro solidali tecnologici e riscoprono l’intermediario in carne ed ossa.
Ciò che rimane fermo è il tentativo di mettere a punto strategie in grado di aggirare l’agente professionista, questa volta puntando sulla figura non professionale dei concessionari auto ai quali la solita Yolo, che nel 2022 ha fatto registrare perdite di esercizio per 1,6 mln di euro, mette a disposizione una piattaforma specifica dedicata al settore automotive che contiene 30 prodotti motor.
Per fare ciò utilizza AllianceInsay, “Tech broker – si legge nel comunicato diffuso alla stampa - specializzato nella distribuzione indiretta ai concessionari di prodotti e servizi assicurativi per il ramo Danni auto” abbinati, prosegue la nota, “alla tecnologia telemetrica e a dispositivi di protezione di ultima generazione”.
Una notizia di questo genere, che forse avrei persino ignorato in attesa di verificarne i risultati concreti in termini di premi raccolti, mi consente però di rilevare come persino Yolo, “una società di servizi assicurativi digitali che consente ai clienti (privati e piccole e medie imprese) di acquistare direttamente, attraverso smart-phone o pc, la polizza più adeguata alle proprie esigenze”, sia costretta a rivolgersi a una rete di venditori fisici, i concessionari auto, pur di raccogliere qualche contratto assicurativo. Una bella sconfitta per l’esercito di nerd che fino a ieri procedevano con il vento in poppa verso la digitalizzazione totale del settore assicurativo e ora si vedono superare di bolina dai concessionari.
Siamo alle solite, senza rapporto umano non si va da nessuna parte e la quota di mercato detenuta dagli agenti di assicurazione sta lì a dimostrarlo, per buona pace di tutti coloro che sognano di poterli sostituire con i robot guidati dall’intelligenza artificiale.
I vari “touch-point” allestiti nelle concessionarie, senza barriere tra fisico e digitale, ove recarsi per sottoscrivere una polizza che era nata per essere collocata totalmente on line, dimostra che tutto il progetto insurtech è imperniato sul nulla e che, per quante diavolerie inventino le startup digitali, i consumatori continuano a riservare la propria preferenza alla sicurezza offerta dall’agenzia di fiducia.
Semmai il problema è un altro, le imprese di assicurazione riservano ai canali alternativi condizioni tariffarie e provvigionali che gli agenti non osano neppure sognare. Se le mandanti "stariffassero" in agenzia come fanno nei comparatori o retrocedessero agli agenti le stesse provvigioni riservate alle banche, non staremmo neppure qui a parlare di questi argomenti, perché non ci sarebbe storia per gli intermediari non professionali, per la vendita on line, la vendita diretta, l’insurtech.
E invece gli agenti italiani detengono tre quarti della quota rami danni e più di quattro quinti della quota Rcauto nonostante siano meno remunerati dei propri competitori non professionali, siano costretti a praticare i prezzi più alti del mercato e la tecnologia sia pensata per disintermediare il mercato e non certo per supportare le attività agenziali.
Non c’è che dire, siamo davvero speciali, lo capiranno mai le nostre mandanti?
Roberto Bianchi

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