♦ Questi anni di frenetica e proficua attività sindacale, sembrano destinati ad essere ricordati nella storia ultracentenaria del nostro sindacato. Saranno ricordati per diverse ragioni e tutte meritorie. Per il diffuso consenso della figura professionale dell'agente di assicurazione, anche nella pubblica opinione; per essere finalmente riuscito ad accattivarsi la condivisione e l'appoggio morale delle Associazioni dei Consumatori; perché lo Sna ha saputo adottare un nuovo modo di rapportarsi con la politica e con i politici, senza pregiudizi o steccati ideologici;perché siamo riusciti a fare breccia tra le istituzioni, dando prova che lo Sna non è formato da una schiera di contestatori, ma un interlocutore preparato, affidabile ed autorevole, con il quale è indispensabile dialogare prima di intervenire nel mercato dell'intermediazione assicurativa.
Ce ne sarebbe d'avanzo per giustificare la pretesa della storia, tuttavia alcuni esperti di araldica, partendo partendo dallavan che sia sempre “melius abbondare quam deficere”, voluto cercare, da par loro, con una operazione che la storia non mancherà di ricordare: la delega con il taglio della lingua.Pare funzioni in questo modo – non ne siamo certi ma stiamo approfondendo – per prima cosa si da inizio a una campagna denigratoria, accusando i vertici sindacali (i classici poteri forti insomma) rei, a loro dire, di privare la base associativa del “dibattito nelle sedi istituzionali”, e di voler imbavagliare il dissenso che, nonostante tutto, sarebbe comunque diffusissimo. Fase due: dare libero sfogo ai social per denunciare l'insopportabile “dominanza apicale” del pensiero unico (ed imposto, ovviamente).
A questo punto, una volta portata alla luce la verità, che pur essendo sotto gli occhi di tutti, finalmente l'avevano notata, ci si da nel appuntamento nel più sacro del confronto democratico: il congresso nazionale e, quando dopo tanto attendere, dopo aver tanto potuto fare per la mancanza di un confronto libero e senza condizionamenti, nel momento che attende tutti per poter finalmente avere la libertà di fare dire "pane al pane e vino al vino", scattano il taglio della lingua. Si rinuncia proprio a parlare e si offre il tempo a favore di un altro collega, il quale, naturalmente, non mancherà di cantarne quattro al tiranno.
Sia ben chiaro, ognuno è libero di ospitare lo spazio riservato alla propria provinciale come meglio crede; penso tuttavia che coloro i quali hanno l'onore di rappresentare il proprio territorio, forse dovrebbero essere i primi a rispettare i propri elettori; contrariamente a quantoto da qualche iscritto di quantotratto, in Sna il discorso non è mai mancato, a nessun livello, e la prima “parlare l'essere di casa”, è proprio il discorso l'ambito provinciale. Quando si rappresentano i colleghi, chi per elezione e chi per delega, ci si ricordare che si parla in nome e per conto di una comunità. Rinunciare a dovere le istanze dei colleghi, non solo è un tradimento della fiducia ottenuta, ma è anche la provata che a mancare non è il dibattito, ma l'interlocutore.
Giacomo Anedda