Giovedì, 25, Apr, 6:26 AM

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Filippo Guttadauro La Blasca


 La questione dei dati, di cui si sta molto discutendo, aggiungo finalmente, nella nostra categoria, apre una questione anche di carattere economico che, forse, abbiamo sottovalutato.
Mi riferisco al reddito sul quale la riflessione si fa sempre più pressante anche per la nostra categoria. Invito pertanto il gruppo di lavoro per il rinnovo dell’Ana 2003, a valutare gli aspetti che cercherò di esporre in questo mio articolo. In fondo “Non importa di che colore è il gatto, l'importante è che prenda i topi”. E per noi i topi sono gli adeguamenti delle remunerazioni in base al lavoro svolto, lavoro certamente diverso da quello a cui siamo stati abituati fino a ieri.
Non possiamo impedire la crescente automazione dei processi produttivi e distributivi, non possiamo certo sabotare la produzione e neppure smettere di caricare milioni di dati sui server delle imprese. Possiamo, anzi dobbiamo però smettere di fare gratuitamente l’inserimento di informazioni pregiate che valgono moltissimo per le mandanti. Anche noi dobbiamo rivendicare un ritorno sugli utili che i dati producono nell’immediato e in prospettiva. Si tratta banalmente di far applicare il concetto costituzionale del riconoscimento di un corrispettivo ottenuto in cambio di una prestazione lavorativa, perché tale si deve intendere la raccolta dei dati.
Desidero ricordare e andare a rileggere lo scandalo che ha coinvolto Facebook sulla questione dell’uso dei dati di Cambridge Analityca, la quale ha aperto scenari nuovi nel mondo della rete e dell’innovazione tecnologica. Spartiacque per tutti nella comprensione del valore dei dati personali. Tutti si sono soffermati molto sulla questione della privacy, sottovalutando l’aspetto riguardante l’enorme guadagno che si produce con la gestione dei dati e delle informazioni generati dall’uso della rete.
Intorno a questa vicenda che ha riempito le cronache di tutto il mondo, si è creato un certo sensazionalismo, come se fossimo tutti all’oscuro del fatto che quando scarichiamo una App sul nostro cellulare (pur facendolo gratuitamente) diamo la disponibilità ad accedere a tutti i suoi contenuti. Dati che regaliamo con precisione. Regaliamo i nostri orientamenti politici, religiosi, sessuali, mettiamo a conoscenza i nostri acquisti, le nostre tendenze musicali, i nostri hobby, per quale squadra tifiamo, i film che ci piacciono, assieme alle relazioni che ci legano a parenti, amici, colleghi, familiari, partner vecchi e nuovi.
Grazie proprio all’indirizzamento personalizzato delle pubblicità e del marketing online sulla base dei dati forniti dagli utenti e sfruttati a fini commerciali si crea un’enorme ricchezza. Google, ad esempio, fa oltre il 90% del proprio fatturato con la pubblicità online e ne ha il monopolio assieme a Facebook. La grande trasformazione tecnologica in corso, oramai già da diversi anni, produce una crescente produzione di documenti, relativi non solo ai nostri pensieri, ma ai nostri atti e alla nostra vita. Documenti che permette chi ne è in possesso, o comunque li utilizza, un valore non solo politico, ma economico.
Ecco sta qui la base del mio ragionamento: occorre pretendere che il valore prodotto da questi documenti venga ridistribuito anche a coloro i quali quei documenti li raccoglie.
Le imprese tutte, in particolare quelle assicurative, hanno compreso il fenomeno e utilizzano bene le piattaforme, realizzando vantaggi strepitosi, banalmente perché sono strumenti che dispongono dell’apporto insostituibile di un numero immenso di soggetti non retribuiti, nel nostro caso gli agenti. Cerco di far capire che è lavoro quello che facciamo e che ci portano a fare via web nella raccolta dei dati e nella produzione documentale, trasformando per di più il concetto del “nostro lavoro” con un altro “lavoro”. Il nostro lavoro originario è stato, e lo sarà maggiormente domani, eroso dall’automazione. Ma in ogni caso siamo sempre noi che continuiamo a produrre ricchezza per chi li utilizza il dato. Non dobbiamo lasciarsi sfuggire questa occasione di essere remunerati, anche perché altrimenti, come lo facciamo oggi, lo facciamo “a gratis”, sopportando i relativi costi di produzione.
Viceversa attraverso una forte richiesta di compensazione e remunerazione dell’attività svolta, alziamo il tiro e individuiamo il senso in qualcosa di più alto del nostro lavoro. Se il lavoro cambia, noi dobbiamo avere occhi nuovi e valutare le opportunità offerte da nuove attività, che nel nostro caso sono, appunto, la raccolta dei dati e i sul utilizzo per scopi pubblicitari e di marketing. Consideriamo, valutiamo e non rinunciamo alla trasformazione del mercato, se non lo facciamo noi, magari lo farà il consumatore.
Dobbiamo cogliere ogni occasione, ogni trattativa per compiere questo passo in avanti, prevedendo anche forme nuove di mobilitazione e di tam tam via web, rivendicando la nostra produzione di valore che deve essere considerata un lavoro a pieno titolo.
Filippo Guttadauro La Blasca

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