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♦ Dalla lettura dell’articolo di Federica Pezzatti pubblicato di recente sul sito de Il Sole 24Ore riguardante il tentativo di ingerenza manifestato dell’Ania nella questione riguardante il contratto nazionale di lavoro dei dipendenti di agenzia, mi sorgono alcune considerazioni di carattere sindacale che vorrei condividere con tutti gli iscritti Sna.
Non entro nel merito del testo normativo che riguarda esclusivamente i dipendenti delle imprese di assicurazione, in quanto, se i contratti collettivi, che per loro natura definiscono le regole dell’ingaggio lavorativo, rispettando le regole minime previste dai fruitori vengono approvati, non trovano da parte mia alcuna eccezione. Sono regole che si danno le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le associazioni dei datori nella definizione del rapporto di lavoro.
Gradirei altrettanto rispetto verso accordi definiti tra Sna e organizzazioni sindacali dei dipendenti, sottoscrittori del CCNL delle agenzie private e se proprio devo rimarcare qualcosa, chiedo alle Oo.Ss. che hanno siglato il 28 giugno 2011 insieme a Confindustria dell’accordo interconfederale di essere coerenti con quanto stabilito nel settore dell’impiego pubblico ove sono fissati i criteri oggettivi per la misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali. Ciò risulterebbe utile al fine di individuare le organizzazioni legittimate a negoziare e stipulare contratti collettivi nazionali di categoria anche in ambito assicurativo.
Per maggior chiarimento, l’accordo del 2011 prevede che siano ammesse ai tavoli negoziali le sole organizzazioni sindacali che rappresentino almeno il 5% del totale dei lavoratori della categoria cui si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro.
Non conosco i dati di adesione all’organizzazione minoritaria, ma penso che per sgombrare il campo da qualsiasi illazione sui numeri delle rappresentanze datoriali, sia necessario che tanto Sna, quanto Anapa, vadano davanti al garante della privacy per farsi certificare il rispettivo numero di iscritti degli ultimi 10 anni.
Questo al fine di stabilire il livello di “rappresentatività espressa dalle organizzazioni sindacali datoriali degli agenti di assicurazione”, utile per l’ammissione alla contrattazione collettiva nazionale, che per chiarezza deve superare la soglia del 5%di iscritti rispetto all’intera categoria. 
Viceversa, lede fortemente il diritto sindacale “l’impegno di Ania ad attivarsi presso le compagnie perché queste ultime raccomandino agli agenti l'applicazione di un contratto per i propri dipendenti firmato dai confederali” (ndr. viene qui riportato fedelmente il sottotitolo del citato articolo). Credo, spero, mi auguro che tutti i gruppi agenti, aderenti sia a Sna che ad Anapa, rifuggano da questa illegittima e antidemocratica idea.
Non capisco perché l’associazione delle imprese di assicurazione si senta autorizzata a “raccomandare” agli agenti l’applicazione di questo o dell’altro contratto.
Meglio sarebbe se riprendessero il loro ruolo nel rinnovo dell’ANA 2003, scaduto da troppo tempo e si impegnassero a comprendere le esigenze, ma anche la funzione e il compito sociale degli agenti, figure insostituibili nel mercato assicurativo nazionale.
Al momento della firma di quel protocollo, probabilmente l’Ania ha avuto un’amnesia parziale, dimenticandosi che gli agenti sono liberi e autonomi imprenditori, che provvedono alla conduzione dell’agenzia a proprio rischio e spese, direttamente e attraverso collaborazioni con altri intermediari iscritti al Rui. E ha parimenti dimenticato che una delle funzioni principali del loro sindacato, lo Sna, è proprio quello di gestire la contrattazione collettiva degli agenti con i propri dipendenti di agenzia, un ruolo che non intendono cedere a nessuno e tantomeno alla propria controparte istituzionale.
Filippo Guttadauro La Blasca

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