♦ Qualche settimana fa mi sono recato ad intervistare il collega Lucio Modestini, storico iscritto al Sindacato, che per molti anni ha presieduto il Fondo pensione agenti. Purtroppo, come sappiamo, negli ultimi anni della sua presidenza, il Fonage fu commissariato, per ragioni tecniche dovute al mancato accordo tra i due soggetti fondatori, Sna e Ania, sulle modalità di riequilibrio dei conti a seguito del passaggio dal regime ad adesione definita a quella contributiva, come richiesto dalla normativa europea in quegli anni entrata in vigore.
Solo questo però bastò per insinuare, da parte di qualcuno, il sospetto di una cattiva gestione del Fondo, nei confronti dell’allora presidente Lucio Modestini. Con il segno di poi, essendo ben presto giunto il parere da parte del Tribunale di Roma interpellato dal Commissario straordinario, che il fatto non sussisteva, circa l’ipotesi di irregolarità professionali da parte del collega, si può tranquillamente affermare e allo stesso tempo con molto rammarico confermare, che si sia trattato dell’ennesima condanna a tavolino di un collega senza neppure conoscere i fatti e tanto meno consentirgli di smentire le accuse mediante un contatto diretto.
Dopo quattro anni dall’accaduto, andandolo ad intervistare mi sarei aspettato di trovare in Modestini un senso di rivalsa nei confronti di questi colleghi, responsabili delle ingiurie mediatiche, del tutto prive di fondamento. Il collega invece, come potrete leggere nell’intervista integrale che uscirà nel prossimo numero della rivista L’Agente di Assicurazione, mi ha stupito perché per lui il perdono ha un sapore migliore della vendetta. Anche se questo non gli ha impedito di far valere le proprie ragioni in sede giudiziale. Una lezione di saggezza, quindi, a coloro che sono maestri nel creare artatamente situazioni denigratorie, partendo da reali elementi oggettivi deformandoli però come in questo caso. Troppo spesso, per non parlare delle proprie lacune e incapacità, i soliti noti preferiscono puntare il dito contro altri che invece si sono sempre spesi in maniera concreta nei confronti del Sindacato e dell’intera categoria.
La speranza è che anche per il tramite di questa vicenda, si impari prima di tutto a cercare di conoscere i fatti, prima ancora di sentenziare giudizi, perché essi sono macigni molto pesanti e difficili da sostenere, sul piano umano, da parte di chi li subisce. Questo perché, pur essendo consapevoli di essere nel giusto e di aver speso gran parte della vita professionale per il bene della categoria, ci si accorge di non essere apprezzati quando viene messo in dubbio il proprio operato e la propria onestà.
Da ultimo poi tale esercizio denigratorio che ha dovuto subire e che ci ha raccontato il collega, per nulla costruttivo e fine solo a se stesso, arreca danno allo stesso Sindacato, a cui taluni dicono di essere legati. Sedicenti esperti sindacalisti che dimenticano, in tali circostanze, le più elementari regole comportamentali. Molto più utile sarebbe confrontarsi su idee e nuove concrete soluzioni, perché è di questo che la nostra categoria ha solamente bisogno.
Andrea Pieri