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Alessandro Ceccarelli

 

♦ Dall’unione tra due le parole bureau (ufficio) e kratos (potere) Jean Claude Marie Vincent de Gournay, economista francese, coniò la parola burocrazia, ovvero potere degli uffici. Più o meno eravamo nella metà del 1700. In origine la burocrazia voleva realizzare una graduale immedesimazione con il popolo, ovvero quel complesso vasto e indistinto di persone che condividono una stessa nazione, la cui funzione era quella di armonizzarne diritti e i doveri.
L’origine della burocrazia era senz’altro nobile, quindi, e voleva essere la risoluzione coerente e funzionale per l’integrazione di più attività e ruoli. A distanza di quasi trecento anni l’incremento e la proliferazione dei dispositivi amministrativi e del loro gravare nefasto sul quotidiano di consumatori e imprenditori hanno però determinato il trionfo negativo dell’enorme e cupo adempimento ai regolamenti, perché questi apparati amministrativi hanno sempre preferito affermare la propria caratteristica istituzionale, trascurando ogni effetto negativo che hanno prodotto nel sistema che li include e che li ha fondati per esserne servito e non dominato. Ormai al termine burocrazia è associata la negatività dispotica, sia per la distanza con la realtà che per lo stile di comunicazione inutilmente contorto, tortuoso e astruso, un lessico ostile. Una burocrazia che continua a vedere un sistema immaginario senza conoscere quello reale. È un morbo, che di sé pensa di essere utile alla vita reale, ma in verità ne provoca la morte.
Si ha la sensazione (piuttosto un’evidenza) che la produzione smodata di provvedimenti e regolamenti faccia sentire i funzionari occupati, ma soprattutto generi la prova che questi lo siano davvero. Ciò che è davvero immorale e crudele è che in questo esercizio autoreferenziale chi ne soffre ed è schiacciato e recluso, per affrancarsi, rischia il castigo.
Alessandro Ceccarelli

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